Conferme e novità nella Circolare Inail n. 13/2020 dedicata all’emergenza da coronavirus
La Circolare Inail n. 13/2020[i] (testo in calce) ha dettato importanti chiarimenti sulla tutela delle malattie da Coronavirus ed ha previsto due fondamentali categorie di rischio professionale, con rilevanti effetti giuridici, sul piano probatorio, nelle azioni giudiziarie per il riconoscimento dell’infortunio sul lavoro. La Circolare ha adottato regole per la disciplina dell’istruttoria amministrativa, con previsioni fortemente innovative, prevedendo anche una nuova e peculiare figura di infortunio in itinere.
Il sistema di tutela dell’Inail è ancora incentrato nel concetto di rischio professionale, connaturato alla intrinseca pericolosità del lavoro. Il rischio professionale è pertanto sia presupposto della tutela Inail, ai sensi dell’art.38 Cost., sia elemento costitutivo del diritto alla prestazione assicurativa, ai sensi degli artt.2 e 3 del Dpr.1124/64 (Testo unico infortuni sul lavoro e malattie professionali).
Il rischio professionale si identifica non tanto nella singola e specifica attività lavorativa espletata, quanto nel lavoro in sé, intendendo il lavoro nell’accezione più ampia comprensiva di tutte le attività ad esso accessorie o strumentali.
La centralità del rischio nell’attuale sistema giuridico fa ritenere che la tutela dell’Inail sia ancora di tipo assicurativo e non di tipo solidaristico puro, incentrato sul concetto di bisogno.[ii]
Negli anni si è realizzato però un distacco dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro dal concetto statistico assicurativo “puro” di rischio:l’art.4 della Legge Delega 30 luglio 1990 n.212[iii] e la fondamentale sentenza della Corte Costituzionale 100/1991[iv] hanno infatti sollecitato una lettura costituzionalmente orientata degli art.2,3,4 D.p.r .1124/65 alla luce del comb.disp.artt.32 e 38 Cost., al fine di garantire, con la massima efficacia la tutela fisica e sanitaria dei lavoratori.
In attuazione del suddetto processo, la tutela Inail è stata estesa sia sotto il profilo soggettivo, mediante l’estensione a categorie di lavoratori quali i parasubordinati e gli sportivi professionisti (art.4.T.U. ed artt.5 e 6 D.lgs.38/2000) sia sotto il profilo oggettivo, mediante la previsione dell’indennizzo del rischio improprio , del rischio generico e delle malattie non tabellate (ovvero non ricomprese nell’elenco allegato al T.U.) a seguito della fondamentale pronuncia della Corte Cost.179/1988[v].
Il rischio professionale nelle infezioni da Coronavirus
Nel caso di infezioni da Coronavirus, l’Inail, sia con la circolare n.13/2020 sia con la nota del 17 marzo 2020[vi], ha inquadrato le affezioni che dovessero colpire il lavoratore come infortunio sul lavoro, sulla scia dell’orientamento giurisprudenziale consolidato in materia di malattie infettive e parassitarie per le quali la causa virulenta è equiparata alla causa violenta e delle disposizioni della Circolare 74/1995 ( v. Linee guida per la trattazione di malattie infettive e parassitarie).[vii]
Tale inquadramento è di maggior favore per l’assicurato in quanto per queste malattie risulta complessa l’individuazione del momento specifico del contagio e di conseguenza dell’occasione di lavoro ex.art.2.T.U..
L’Inail, per non rendere troppo gravoso l’onere probatorio a carico dell’istante, ha adottato il principio di presunzione semplice d’origine, mutuato dall’art.2729 c.c., così facendo propri i fondamentali Decisa della Cassazione 8058/1991 e 3090/92[viii].
La Circolare Inail n.13 /2020 è però dovuta intervenire per chiarire in modo più preciso e puntuale le caratteristiche del rischio professionale nell’infezione da Coronavirus.
L’infezione da Covid 19 ha caratteristiche peculiari che la contraddistinguono rispetto ad altre infezioni morbose e parassitarie, non per le caratteristiche intrinseche del contagio o dell’attività virulenta dell’agente patogeno, bensì per il contesto pandemico ed universale nel quale il contagio si colloca.
Tale contesto pandemico rende praticamente impossibile stabilire con certezza se la malattia sia stata contratta nell’ambiente lavorativo o sociale/ familiare. Tale estrema difficoltà di individuazione del momento e del contesto del contagio si coglie, in particolare, nei territori più colpiti dall’epidemia ed è aggravata dal fatto la dimensione della diffusione del contagio non è stata ancora appieno compresa, a causa dell’esiguità dei test sinora svolti in rapporto alla popolazione.
Nell’ottica del buon andamento dell’attività amministrativa e della trasparenza (art.97 Cost.), si è imposto pertanto un chiarimento da parte dell’Inail per l’individuazione del rischio professionale connesso al contagio del virus.
Un‘interpretazione eccessivamente rigorosa di rischio avrebbe cagionato, in un momento storico così delicato, un grave vulnus alla mission / funzione sociale dell’Ente attribuita dalla Costituzione (artt.32 e 38 Cost.) e, per contro, un’interpretazione eccessivamente estesa di rischio avrebbe determinato l’adesione ad una tutela di tipo solidaristico, con la completa socializzazione del rischio, non ammessa nell’attuale sistema legale di assicurazione pubblica (sul punto v. Cass.Civ.16364/2002 ;Corte Cost.ord.12-17 luglio 2001 n.327).[ix]
Per l’individuazione del rischio assicurato l’Inail ha adottato i criteri della ragionevolezza, connesso al principio di presunzione semplice, ed il criterio logico -scientifico, connesso ad un principio di presunzione qualificata.
In particolare l’Inail ha distinto due fondamentali categorie di lavoratori.
Nella prima si collocano i lavoratori esposti ad elevato rischio sanitario, quali, in primis, gli operatori sanitari e poi tutti i lavoratori che si trovino a contatto col pubblico /utenza (quali ad esempio i lavoratori di front office, cassieri, banconisti, addetti alle pulizie in strutture sanitarie ecc.ecc.).
Nella seconda categoria rientrano tutti gli altri lavoratori.
Per espressa previsione della Circolare la prima categoria non è chiusa ed in essa rientrano quindi tutti i soggetti che (previo accertamento in concreto) si trovino a contatto o con il virus (ad esempio lavoratori addetti alle pulizie ma anche alle pompe funebri) o con l’utenza (ad.es. i riders).
Per la prima categoria il rischio professionale viene individuato mediante l’applicazione del principio di presunzione semplice di origine professionale, stante l’elevato rischio di contagio insito nella mansione espletata, mentre per la seconda categoria di lavoratori, allorché non sia possibile risalire all’episodio che ha determinato il contagio e non si possa presumere la correlazione tra attività prestata e contagio, vale invece il criterio scientifico medico-legale, generalmente accolto, che privilegia i seguenti elementi: epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale.
Onere probatorio a carico dei lavoratori nelle azioni per il riconoscimento dell’infortunio
Tale configurazione di due categorie di lavoratori ha importanti conseguenze sotto il profilo probatorio per la parte che agisce in giudizio per la tutela del proprio diritto sostanziale in caso di mancato riconoscimento dell’infortunio da parte dell’Ente.
Nel caso di lavoro appartenente alla prima categoria, l’istante dovrà provare il contagio del virus e l’adibizione, in concreto, a lavorazioni che rientrino nella categoria o che siano equiparabili ad esse. Incombe invece sull’Inail la prova rigorosa che il contagio sia avvenuto in un contesto extra lavorativo. Si realizza pertanto un’inversione dell’onere probatorio perché l’Inail deve allegare fatti storici e provare, rigorosamente, che il contagio non abbia origine lavorativa (ad esempio dimostrando che il contagio sia avvenuto in ambito familiare).
Nel caso di lavoro appartenente alla seconda categoria, invece, l’onere di allegazione e prova a carico dell’istante è più gravoso perché, seppure si prescinde dall’esatta individuazione del momento del contagio, l’istante deve comunque allegare e provare fatti o circostanze che consentano di presumere che il virus sia stato contratto nell’ambiente di lavoro.
Il CTU medico legale dovrà poi valutare –affidandosi ai criteri epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale- se tali fatti, allegati e provati, consentano di ritenere probabile che il contagio sia avvenuto durante il lavoro o durante il tragitto casa /lavoro atteso che , per giurisprudenza costante, la CTU medico legale non può sanare il difetto di allegazione e prova (art.2697 c.c.) in cui sia incorsa la parte che aziona il diritto[x].
Per i lavoratori rientranti nella seconda categoria, quindi, l’onere della prova è interamente a carico dell’istante mentre all’Inail compete o la controprova dei fatti allegati dalla controparte oppure la prova dell’interruzione del nesso causale tra il lavoro e l’evento.
Rischio elettivo ed infortunio in itinere nelle malattie da coronavirus
Il rischio elettivo costituisce un’ipotesi di interruzione del nesso causale tra il lavoro ,il rischio e l’evento e ,per giurisprudenza costante della S.C. di Cassazione, si configura allorché il lavoratore, volontariamente, affronti rischi od addirittura crei situazioni di rischio che siano non necessarie rispetto alla situazione contingente e che siano abnormi rispetto alla prestazione lavorativa[xi].
Deve escludersi il rischio elettivo sia allorché l’evento sia stato causato dal rischio improprio ( purché connesso alla prestazione lavorativa e tenuto conto della peculiare situazione socio ambientale [xii]) sia allorché l’evento sia stato cagionato da colpa esclusiva del lavoratore.[xiii]
Applicando tali principi all’ipotesi di infortunio da virus Covid-19, si deve ritenere che costituiscono ipotesi di colpa, casi in cui il lavoratore non faccia uso di dispositivi di protezione individuale o non osservi le distanze di sicurezza o comunque non osservi le misure di precauzione imposte con DPCM od Ordinanza Regionale.
Diversamente, si deve configurare il rischio elettivo nel caso di condotte abnormi e non necessitate quali, ad esempio, la violazione di un obbligo di quarantena, la violazione di uno specifico ordine di servizio da parte del datore di lavoro (che imponga il divieto di accesso al luogo di lavoro e l’effettuazione del lavoro in smart working ) oppure la violazione (da parte degli artigiani ) dell’ordine di chiusura dell’attività, in forza di DPCM o di Ordinanza Regionale o Comunale.
Nel caso in cui, invece, l’accesso al luogo di lavoro sia stato necessitato o per un ordine del datore di lavoro o per l’insorgere di qualche circostanza di necessità e/o urgenza , non si configura il rischio elettivo, in ragione del principio espresso dalla Suprema Corte per il quale occorre tener conto della peculiare situazione socio ambientale;[xiv] a tale riguardo per poter configurare il rischio assicurato occorre, però, che l’effettuazione della prestazione lavorativa sia legittima, perché non rientrante nell’elenco delle attività sospese dai provvedimenti legislativi o amministrativi vigenti .
La circolare Inail 13/2020 ha chiarito che sono configurabili come infortunio in itinere le ipotesi in cui il contagio sia avvenuto nel tragitto casa/lavoro. La Circolare ha poi precisato che, poiché l’utilizzo del mezzo proprio è meno rischioso dell’utilizzo del mezzo pubblico, per tutta la durata del periodo di emergenza epidemiologica è ammessa la deroga all’art.13 D.lvo 38/2000 ed è pertanto considerato sempre necessitato l’utilizzo del mezzo proprio nello spostamento casa/ lavoro.
Il certificato medico attestante il contagio da Covid 19 costituisce elemento costitutivo del diritto
La Circolare ha imposto all’Inail la necessità di acquisire il certificato medico nonché la conferma clinica-strumentale attestante il contagio.L’art.53 T.U. impone la produzione del certificato in uno con la denuncia di infortunio, ma non configura il certificato come elemento costitutivo del diritto, atteso che elemento costitutivo del diritto è la malattia o la lesione all’integrità psicofisica, ma non il certificato che l’attesta.
Al contrario, stando al tenore letterale della Circolare, nell’ipotesi di infezione da Coronavirus la produzione del certificato costituisce elemento costitutivo del diritto perché solo “al ricorrere di tale elemento, assieme all’altro requisito dell’occasione di lavoro, si perfeziona la fattispecie malattia-infortunio”.[xv]
Posto che il certificato medico e la documentazione strumentale allegata assumono valenza di elemento costitutivo del diritto assicurato, la Circolare prevede che, in caso di documentazione insufficiente, l’Istituto debba farsi parte diligente ed “acquisire tempestivamente la documentazione attestante la conferma diagnostica del contagio.[xvi]
Ne consegue che l’obbligo di produzione incombe sul datore di lavoro , ma l’Inail deve farsi parte attiva e diligente posto che “ detta documentazione clinico –strumentale è indispensabile per la verifica della regolarità sanitaria ed amministrativa… del caso”[xvii].
La previsione del certificato medico come elemento costitutivo e di un obbligo di istruttoria rafforzata a carico dell’Ente sono indubbiamente due elementi di novità introdotti dalla Circolare, giustificati dalla peculiarità della trattazione del caso di infezione da Coronavirus.
La diagnosi clinica strumentale attesta con certezza che il virus sia stato effettivamente contratto e quindi attesta l’esistenza nell’infortunio sul lavoro, posto che la causa virulenta viene equiparata alla causa violenta, perché l’azione lesiva insita nella virulenza dell’agente costituisce ex sé causa violenta.
Al contempo il certificato medico e gli accertamenti diagnostici e strumentali permettono, soprattutto per le lavorazioni comprese nella seconda categoria, di esprimere un giudizio medico-legale in base ai criteri epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale. Diversamente, in mancanza di certificato medico e di documentazione diagnostica e strumentale, la prova del contagio nell’ ambiente di lavoro e la controprova del contagio nell’ambiente sociale/familiare sarebbe estremamente complessa e di esito incerto, visto il contesto pandemico ed universale di diffusione del Virus.
Conclusioni
La tutela Inail delle infezioni da Covid 19 presenta alcuni aspetti di discontinuità rispetto alla tutela di altre malattie infettive e parassitarie, aspetti che si colgono nel particolare risalto attribuito alla documentazione medica e sanitaria attestante il contagio.
Tali discontinuità sono però giustificate dall’esigenza di assicurare una tutela effettiva solo alle affezioni verificatesi in occasione di lavoro e di escludere le affezioni insorte nei contesti extra lavorativi, atteso che la tutela dell’Inail ( lungi da aver connotazione solidaristica ed universale) “conserva tutt’oggi la logica assicurativa delle origini”[xviii].
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[i] Circolare Inail 3 aprile 2020, n.13;
[ii] F.Pontrandolfi, Infortuni sul lavoro e malattie professionali tra occasionalità e causalità spunti ricostruttivi del danno da lavoro pgg.163 e segg. in AAVV, Il sistema di tutela degli infortuni e delle malattie professionali ,Milano, 2005.
[iii] Legge Delega 30 luglio 1990 n.212 per l’attuazione della Direttiva della Comunità Europea in materia di sanità e di protezione dei lavoratori; vedi anche Corte Cost. 2 marzo 1991 n.100 in RIMP 1991,II,9 , www.giurcost.org;
[iv] Corte Cost.2 marzo 1991 n.100 in RIMP,II,9;
[v] Corte Cost.18/2/1988 n.179 in www.giurcost.org;
[vi] Circ.Inail 13/2020 cit.; Nota Inail 17 marzo 2000 “Richiesta chiarimenti malattia-infortunio da Covid-19 (nuovo coronavirus) contratto da operatori sanitari “in www.inail.it;
[vii] Circolare Inail 23/11/1995 n.74 www.inail.it;
[viii] Cass.civ. sez.lav.25/7/1991 n.8058 e Cass.sez.lav.13/3/1992 n.3090;
[ix] Si veda F.Pontrandolfi ,op.cit,pg.174;
[x] Ex pluribus : Cass.civ. 3647/89;
[xi] Cass. Civ.27 febbraio 2002 n.2942 in Mass.Giust.Civ.,I,662; Cass.5 maggio 1998 n.4535 in Foro It.1998,I,1792;
[xii] Cass.civ.8 settembre 2003 n.13110 in Mass. Giust. Civ. ,2003,f.9;
[xiii] Cass.civ.4 dicembre 2001 n.15312 in RIMP 2001,146;
[xiv] Cass.8 settembre 2003 n.13110 cit.;
[xv] Circ.Inail 13/2020 pg.8;
[xvi] Ibidem pg.9;
[xvii] Ibidem pg.9;
[xviii] Cass.Civ.20 novembre 2002 n.16364.
Fonte: Altalex