Le regole previste dalla procedura operativa, dal possibile controllo della temperatura corporea in ingresso all’informazione preventiva da parte del datore al personale
In attuazione della misura di cui all’articolo 1, comma 1, n. 9), del D.P.C.M. 11 marzo 2020, che con riferimento alle attività professionali e produttive raccomanda intese tra le organizzazioni datoriali e sindacali, il 14 Marzo 2020 è stato sottoscritto il “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro” aggiornato e integrato in data odierna – 24 aprile 2020 – (di seguito “Protocollo condiviso”) alla luce degli degli ultimi provvedimenti del Governo.
Perseguendo l’obiettivo di conciliare la prosecuzione delle attività produttive con necessarie e adeguate garanzie di sicurezza e salubrità vuoi degli ambienti di lavoro, vuoi delle modalità lavorative, il Protocollo condiviso detta Linee guida operative – dunque regole di condotta e procedure – finalizzate ad incrementare l’efficacia delle misure precauzionali adottate per contrastare l’epidemia da Covid-19.
Unitamente agli accorgimenti inerenti allo svolgimento dell’attività lavorativa – quali il distanziamento sociale e l’utilizzo dei dispositivi di protezione personale -, agli ambienti di lavoro e all’organizzazione dello stesso, nel novero delle misure indicate nel Protocollo condiviso spiccano – al Punto 2 – le misure inerenti alle modalità di accesso alle aziende stesse. In particolare, la procedura operativa prevede le seguenti regole[1]:
- Possibile controllo della temperatura corporea al momento dell’accesso in azienda dei lavoratori e dei soggetti che a vario titolo intendono accedere ai luoghi e alle pertinenze dell’azienda;
- Stringente divieto di accesso qualora la temperatura corporea risulti superiore ai 37,5°;
- Isolamento momentaneo – nel rispetto delle condizioni di cui si dirà infra – del soggetto in esame al quale deve essere fornita una mascherina (laddove non ne sia già in possesso). Il soggetto non deve recarsi nell’infermeria di sede, ma contattare tempestivamente il proprio medico curante e seguire le indicazioni dallo stesso fornite;
- Informazione preventiva da parte del datore al personale e a chiunque intenda accedere in azienda della preclusione dell’accesso a chi abbia avuto contatti, nei 14 giorni precedenti, con soggetti risultati positivi al Covid-19 o a chi provenga da zone a rischio contagio ai sensi delle indicazioni dell’OMS;
- Nel caso di ingresso in azienda di lavoratori già precedentemente risultati positivi al Covid-19 è necessaria una preventiva comunicazione avente ad oggetto la certificazione medica, rilasciata dal dipartimento di prevenzione territoriale di competenza, che attesti la “avvenuta negativizzazione” del tampone secondo le modalità previste([2]).
La questione inerente alle modalità di accesso in azienda è peraltro oggetto delle valutazioni da parte della Task Force guidata da Colao, con particolare riferimento al termoscanner, uno strumento ad hoc da predisporre agli ingressi delle aziende che dovrebbe essere confermato dalle disposizioni che saranno emanate in relazione allo svolgimento della cd. “Fase 2”.
Il punto è anche al centro delle preoccupazioni delle attività produttive industriali e commerciali – che sono da poco ripartite o la cui riapertura è ormai alle porte – considerato che la rilevazione in tempo reale della temperatura corporea, l’acquisizione di dichiarazioni attestanti la non provenienza da zone a rischio epidemiologico e l’assenza di contatti con soggetti positivi al Covid-19 e la ricezione della comunicazione avente ad oggetto la certificazione medica sono pacificamente qualificabili come attività di trattamento di dati personali. In particolare, ogni attenzione è comprensibilmente rivolta alle modalità operative dei controlli all’ingresso e nel complesso all’approccio che dovrà essere adottato per garantire il rispetto della normativa vigente in tema di privacy, in primis il Regolamento Europeo 2016/679 (di seguito GDPR).
Anche con riferimento a queste ultime questioni, corre in soccorso il Protocollo condiviso che annovera – nelle note al Punto 2 – una serie di suggerimenti e accorgimenti da porre in evidenza agli occhi delle aziende:
- Rilevare la temperatura e non registrare il dato acquisto. È possibile procedere ad identificare l’interessato e a registrare il superamento della soglia di temperatura, dunque trattare i suoi dati inerenti alla salute, solo qualora sia necessario a documentare le ragioni che hanno impedito l’accesso ai locali aziendali. In tal modo si limitano e si minimizzano ab origine i dati oggetto del trattamento;
- Fornire l’informativa sul trattamento dei dati personali ai sensi dell’art 13 GDPR avendo riguardo alle seguenti considerazioni: l’informativa può omettere le informazioni di cui l’interessato sia già in possesso e può essere fornita anche oralmente. Con particolare riferimento ai contenuti necessari dell’informativa: la finalità del trattamento – che deve essere esplicitata in modo chiaro – può essere individuata nella prevenzione del contagio da Covid-19; come base giuridica del trattamento può essere indicata l’implementazione dei protocolli di sicurezza anti-contagio ai sensi dell’art. art. 1, n. 7, lett. d) del DPCM 11 marzo 2020 ed infine la durata dell’eventuale conservazione dei dati può essere determinatafacendo riferimento al termine dello stato d’emergenza;
- Definire le misure organizzative e di sicurezza adeguate a proteggere i dati alla luce della valutazione dei possibili rischi. In particolare, sotto il profilo organizzativo, occorre individuare i soggetti preposti al trattamento e fornire loro – mediante apposite autorizzazioni – le istruzioni necessarie. A tal fine, si ricorda che i dati possono essere trattati esclusivamente per finalità esplicitate in sede di informativa, – dunque finalità di prevenzione del contagio da Covid-19 – e non devono essere diffusi o comunicati a terzi, salvo specifiche previsioni normative (ne è un esempio il caso di richiesta di comunicazione dei dati da parte dell’Autorità sanitaria per la ricostruzione della catena degli eventuali contatti stretti di un lavoratore risultato positivo al Covid-19). Sotto il profilo della sicurezza, occorre adottare misure e procedure volte sia ad evitare la concretizzazione di rischi per i dati trattati – quali la pseudonimizzazione -sia a gestire ex post il rischio derivante da un’eventuale violazione dei dati – cd. Data Breach -;
- Garantire la riservatezza e la dignità del lavoratore in caso di isolamento momentaneo dovuto al superamento della soglia di temperatura, in caso di comunicazione da parte del lavoratore all’ufficio responsabile del personale di aver avuto contatti, al di fuori del contesto aziendale, con soggetti risultati positivi al Covid-19 e, infine, in caso di allontanamento del lavoratore che durante l’attività lavorativa abbia sviluppato febbre e sintomi di infezione respiratoria e dei suoi relativi colleghi. La stessa riservatezza deve essere garantita al lavoratore che rientri nel pieno regime lavorativo dopo essere definitivamente guarito dal Covid-19;
- In caso di acquisizione della certificazione medica e delle dichiarazioni attestanti la non provenienza da zone a rischio epidemiologico e l’assenza di contatti, nei 14 giorni precedenti, con soggetti positivi al Covid-19 si applicano le indicazioni supra esposte e, nello specifico, si suggerisce di raccogliere solo i dati necessari, adeguati e pertinenti rispetto alle finalità del trattamento. Dunque, a titolo esemplificativo, se si richiede e si acquisisce una dichiarazione circa precedenti contatti con persone infette, è necessario astenersi dal richiedere ulteriori specifiche informazioni in merito alla persona risultata positiva. Oppure, allo stesso modo, se si richiede una dichiarazione sulla provenienza da zone a rischio epidemiologico, occorre astenersi dal richiedere informazioni aggiuntive in merito alle specificità dei luoghi.
L’applicabilità di tali indicazioni operative – che garantiscono la coerenza dei controlli agli ingressi alla normativa in materia di privacy – non è limitata al solo settore produttivo industriale e commerciale, anzi si estende al contesto delle Pubbliche Amministrazioni: così come il “Protocollo di accordo per la prevenzione e la sicurezza dei dipendenti pubblici in ordine all’emergenza sanitaria da “Covid-19” del 3 aprile 2020 prevedeva espressamente – al Punto 4 – l’implementazione delle azioni di sicurezza anche in misura analoga a quelle riportate nel Protocollo condiviso del 14 Marzo 2020, con ogni probabilità verrà rinnovato l’espresso rinvio anche al Protocollo condiviso integrato.
>> Ha collaborato alla realizzazione dell’articolo la dott.ssa Giorgia Benatti
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[1] Regole passibili di modifiche e integrazioni dettate dalla massima collaborazione che dovrà essere garantita dai datori di lavoro – così come suggerito dal Protocollo condiviso integrato – nei confronti dell’autorità sanitaria. Ne è un esempio il caso in cui l’autorità sanitaria competente per prevenire l’attivazione di focolai epidemici disponga, nelle aree maggiormente colpite dal virus, misure aggiuntive specifiche come l’esecuzione del tampone per i lavoratori.
[2] Regola operativa frutto dell’integrazione – del 24 Aprile 2020 – del Protocollo condiviso.
Fonte: Altalex